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"SEI PERSONAGGI.COM" DI EDOARDO SANGUINETI

UN TRAVESTIMENTO PIRANDELLIANO

TRAVESTIRE PER DISVELARE O DELLA VERITA' NELLA FINZIONE

Di Maria Dolores Pesce

Edoardo Sanguineti scrive Sei Personaggi.Com nel 2000 e si tratta dell'ultima, in ordine di tempo, collaborazione con Andrea Liberovici, giovane compositore, musicista e regista, figlio d'arte. La drammaturgia è prodotta dal Teatro Stabile di Genova ed esordisce al termine della stagione 1999/2000, per essere poi ripresa, con eguale allestimento, nella successiva stagione 2000/2001.

Quella dello stabile genovese, interpreti Aleksandar Cvjetkovich, Rachele Ghersi, Fabrizio Matteini, Eugenio Allegri ed Ottavia Fusco, è dunque, sinora, l'unica messa in scena ed a quella si deve far riferimento per approfondire una tematica, o una dialettica si potrebbe dire, assai importante in generale, ma soprattutto se riferita all'opera teatrale di Sanguineti, quella relativa al rapporto tra testo e messa in scena, o più nello specifico quella inerente la dialettica tra scrittura drammaturgica e scrittura scenica [cfr. Roberto Alonge, Luigi Pirandello, B.U.L., Bari, 1997, p. 80] .

Questa tematica, implicitamente affrontata da Pirandello nei Sei Personaggi e in altre opere di quel periodo (.), costituisce in effetti un primo elemento di collegamento e di confronto tra il dramma pirandelliano ed il travestimento sanguinettiano, in quanto Edoardo Sanguineti, e non solo con il lavoro che andiamo trattando, ma più in generale attraverso la poetica del travestimento, di questa dialettica, io credo, spinga l'evoluzione ed elabori una ri-soluzione assai originale e innovativa.

In questo senso l'interesse di Edoardo Sanguineti, e subordinatamente il mio, non è tanto indirizzato alla più consueta tematica del "teatro nel teatro" che, per essere stata sviscerata in ogni modo appare forse ormai abusata, quanto appunto alla dialettica tra dramma e messa in scena, cioè, nell'ottica del travestimento sanguinetiano, tra parola deprivata di valore, o, qui, il racconto che cerca disperatamente un proprio significato, e la sua esposizione e transito (attraverso la scena), in un processo di ricognizione indirizzato al recupero, appunto, di senso (che è logico e psicologico proprio grazie alla materialità del suo movimento/direzione sulla scena).

Ecco dunque che, per scelta consapevole e coerente del suo autore, Sei Personaggi.com si apre direttamente sul racconto dei sei personaggi, che costituisce il vero e proprio dramma, e così, in effetti, eliminati tutti i mediatori con l'esclusione dell'autore, sorta di io narrante che pare fondere la propria instabile identità man mano con quella di ciascuno dei personaggi (proprio ad esplicitare il più mediato, indiretto, implicito travaglio creativo di Pirandello), questi sono chiamati ad occupare il centro di una scena che richiama il teatro greco (sorta anche questa di richiamo ad una mai perduta ansia di catarsi).

Ma non tutti e sei i personaggi della piece pirandelliana, bensì solo quattro di questi e cioè quelli, il padre, la figliasta (ora figlia tout court), il figlio e la madre, che già Pirandello definiva in status di personaggi  (o di natura come la madre), mentre quelli muti o assenti (non hanno memoria né parola quindi perdono l'unica essenza/esistenza possibile in quel contesto, nel contesto della rappresentazione), cioè il giovanetto e la bambina, vengono solo evocati, accennati in una fugace immagine o addirittura nel solo suono di un colpo di pistola che interamente li identifica. [cfr Pirandello Prefazione ai Sei Personaggi, pp. 10/11]

È come se, e meglio lo vedremo e verificheremo in seguito, Edoardo Sanguineti volesse portare a termine il compito che il pirandelliano Capocomico non era stato in grado di assolvere esaudendo la pressante richiesta di "esistenza" dei personaggi: ora questi, infatti, possono rappresentarsi da soli, finalmente da protagonisti della propria storia, poiché possono, riescono, finalmente a recitarsi e, così, recitandosi nella finzione del teatro capire la sincerità della propria creazione e della propria ragion d'essere.

Per farlo Sanguineti usa, dunque, la sua più originale modalità drammaturgica, quella del travestimento, attraverso il quale la parola si mostra e recita con la maschera dell'attore e può così paradossalmente riconquistare nella finzione una verità perduta, che anche noi spettatori dentro di noi rintracciamo, facendo di ciò veicolo la rappresentazione stessa.

Quindi anche in questo lavoro il travestimento è una modalità non per "mascherare", cioè coprire e occultare, ma bensì una modalità, e straordinariamente efficace, per disvelare.

In effetti la parola, il discorso, il testo, attraverso la esposizione in scena, liberati da ogni incrostazione e peso, sollecitano e richiamano un nostro giudizio acquisendo, pretendendo, il senso che noi gli apportiamo perché, grazie ad essa esposizione, riusciamo a recuperare dentro di noi e, specularmente, alle spalle, dentro la storia della parola stessa [in questo è prepotente il richiamo a Benjamin che percorre molta dell'opera di Edoardo Sanguineti] un significato.

In questo contesto l'intervento del travestitore non è solo formale, bensì inerisce anche i contenuti del discorso drammatico e scenico, ed "in effetti in questo lavoro il Travestimento punta, nella sua ideazione e al fine di liberare e dunque comunicare, mostrandolo, il senso profondo della rappresentazione, innanzitutto a liberarne il tema, la trama o il soggetto autentico ma così efficacemente nascosto, dall'autore, all'interno del meccanismo drammatico. E per Sanguineti il soggetto è, nello specifico drammaturgico, l'incesto, sognato, tentato, o rimosso che sia, mentre l'intera struttura drammatica, a partire dal tema del teatro nel teatro, svolgerebbe una funzione di nascondimento, di copertura, che tale tema imprigiona" [Maria Dolores Pesce, Edoardo Sanguineti e il teatro, Edizioni dell'Orso, 2003, p. 128].

Operativamente questo processo di disvelamento, questa operazione di sincerità e di acquisizione/liberazione di senso, senso recuperato in una sorta di peripezia e ricognizione (termini questi assai legati alla poetica e alla prassi artistica di Sanguineti) che ha come specifici riferimenti concetti ed interpretazioni psicoanalitiche e freudiane, è attuato a livello di struttura drammaturgica mediante un processo di destrutturazione ed espunzione del testo Pirandelliano, fino a renderlo, solo apparentemente, irriconoscibile, e di esposizione ed esplicitazione di valori nascosti all'interno proprio di quelle forme drammaturgiche tradizionali così decomposte.

Una tale intenzionalità e modalità di esplicitazione di contenuti si completa, poi, molto sanguinettianamente, attraverso il rimontaggio diacronico e la ricomposizione di quelle stesse forme drammaturgiche per riaprirle, in nuovi contesti, a nuove significazioni che, paradossalmente sono l'espressione sincera e contemporanea di quelle stesse forme che si è voluto e dovuto decostruire.

Siffatta attività è, come dire, sostenuta e amplificata da una scenografia eminentemente sonora che attenua ulteriormente i confini tra luogo scenico e pubblico, confini che, già inizialmente messi in discussione da Pirandello stesso (vedi l'ingresso dei sei personaggi dalla platea nell'edizione del 1925), appaiono nel lavoro di Sanguineti e nella messa in scena di Liberovici quasi dissolti.

Emerge in ciò un altro momento della poetica sanguinetiana del travestimento, quello che pone l'accento sulla sonorità della parola che può recuperare quel significato simbolico (l'aura benjaminiana) caduta e dispersa nel valore d'uso, facendosi mediatore e veicolo di un recupero di senso nei confronti del quale il ruolo dello spettatore è ineludibile.

Quindi il suono, e anche la musica, costituiscono il segno ulteriore di un confine riaperto tra scena e pubblico, una quarta parete caduta sotto i colpi delle elaborazioni delle avanguardie e trasformatasi in membrana osmotica di reciproca condivisione e coinvolgimento.

Tale modalità è d'altra parte, uno dei segnali di quel processo di ricomposizione della contrapposizione tra scrittura drammaturgica e scrittura scenica che Sanguineti elabora e attraverso il quale, e questo potremo ancor meglio approfondire nel confronto con l'originario testo pirandelliano, proprio con l'incorporazione nel testo delle modalità (tra cui appunto la vocalità) della rappresentazione si va a tendenzialmente risolvere il contrasto sul quale andiamo ragionando e che, già all'epoca di Pirandello, cominciava ad interessare scrittori ed intellettuali.

L'eliminazione/incorporazione poi delle didascalie all'interno della stessa struttura della scrittura drammaturgica, consente dunque a Sanguineti di elaborare un testo che, rivendicando una intrinseca autonomia operativa nei confronti di quella, opera una produttiva resistenza rispetto alla messa in scena e quindi è funzionale, in questo passaggio, ad una ulteriore produzione di valore.

Scrive infatti Sanguineti nella conversazione pubblicata nel libro di scena di Sei Personaggi.com : "il testo deve possedere una sua sorta di resistenza. Questa resistenza non è fatta per impedire le interpretazioni, ma per permetterne tante e tali che siano contenute potenzialmente nel testo." [Eugenio Bonaccorsi, Il grande teatro è solo hard., in Edoardo Sanguineti, Sei Personaggi.com, Il melangolo, Genova, 2001, p. 20].

In questo senso la scrittura drammaturgica di Edoardo Sanguineti appare, in sé, già scrittura scenica e allo scopo utilizza specifiche modalità e funzioni che in questo contesto è sufficiente solo brevemente richiamare.

Già abbiamo parlato dello spazio scenico, sorta di anfiteatro privo di qualsiasi scenografia naturalistica o pittorica ricavato all'interno del palcoscenico stesso e delimitato da giri di panche per il pubblico, ad accentuarne il coinvolgimento emotivo e condivisione di valori, spazio scenico che appare non soltanto funzionale alla scrittura sanguinetiana, ma direi quasi una sua emanazione in quanto predisposto per facilitare l'attività attraverso la quale la parola si crea da sola [cfr Maria Dolores Pesce, Edoardo Sanguineti e il teatro, cit. , pp. 10/11] il proprio spazio scenico (concetto questo che produce tra l'altro, come già detto, la sostanziale assenza di didascalie nei testi teatrali di Edoardo Sanguineti).

In effetti gli indicatori cinesici o paracinesici, propri della tradizionale scrittura scenica, vedono attenuata la loro funzione di ponte tra gesto e linguaggio (tra recitazione e testo) per venire in un certo qual modo incorporati all'interno della parola, del linguaggio e del testo stesso, che si fa direttamente carico dell'ostensione deittica.

Ne è segno caratteristico, nella scrittura sanguinettiana, "l'uso massiccio di pronomi personali mi, ti, ci ad esaltare, anzi spesso ad imporre, la funzione riflessiva dell'azione verbale, in alternanza e contrasto con l'effetto transitivo proprio della recitazione, così che il racconto appare una mediazione tra la descrizione e la rappresentazione (ci si recita palesemente ciò che si dice)". [Maria Dolores Pesce,Edoardo Sanguineti e il teatro, cit., p. 73]

Paradossalmente si ottiene così, con l'incorporazione al testo della funzione cinesica del gesto, attraverso la quale la parola tende a costruirsi lo spazio in cui agire, un effetto di straniamento che induce lo spettatore ad una funzione critica di attribuzione di senso.

L'altro elemento, già anticipato, che contraddistingue il teatro di parola di Sanguineti riguarda poi l'esplicitazione dell'importanza ermeneutica delle variazioni vocali che vengono richiamate ed incorporate nella stessa scrittura drammaturgica che esalta gli scarti tonali, i cambiamenti di tempo e di ritmo, le vocalizzazioni, anche attraverso inserti multilinguistici e multistilistici, con finalità non solo formale (richiamo dell'attenzione e occupazione dello spazio acustico) ma eminentemente di decodifica e significazione, anche suppletiva e sostitutiva degli stessi sottocodici di recitazione (idioletti).

Un'ultima considerazione da fare riguarda i complessi e vastissimi rapporti intertestuali che sottostanno al travestimento sanguinetiano.

Questi, con modalità anch'essa tipica della poetica teatrale sanguinetiana, non vengono sottintesi ma bensì esplicitati attraverso la rottura intenzionale e programmatica di ogni ordinato schema sintattico, nei cui spazi emergono in forma di inserti anche multilinguistici, così da ricostruire un processo di riconoscimento e significazione (dal testo al pubblico e dal pubblico al testo) in precedenza apparentemente, ma solo apparentemente, contraddetto nella stessa destrutturazione del piano sintattico.

In sostanza Sanguineti, con la sua specifica poetica e la sua originale scrittura drammatica, rende esplicito che "il testo è una permutazione di testi, un'intertestualità : nello spazio di un testo parecchi enunciati, presi da altri testi, si incrociano e si neutralizzano" [Keir Elam, Semiotica del teatro, Il Mulino, Bologna, 1998, p. 97].

Cosicché diventa in lui programmatico che "il testo (quando viene decodificato) è sottoposto a una nuova codificazione" e che "è lo spettatore che deve dare, per conto suo, senso alla performance, e questo viene spesso celato da un'apparente passività del pubblico. Per quanto giudiziosa o aberrante sia la decodificazione dello spettatore, la responsabilità finale del significato e della coerenza di ciò che egli costruisce è sua. [Keir Elam, Semiotica del teatro, cit., p. 97]

Abbiamo dunque ipotizzato e cercato di verificare come la poetica teatrale di Edoardo Sanguineti, definita del "travestimento", abbia la finalità di rinnovare, portandoli alla luce, significati e valori dispersi o imprigionati  nella parola e, nello specifico, nel discorso drammaturgico attraverso un lavoro di destrutturazione, sintattica e dialogica, e di ricomposizione attraverso la funzione della rappresentazione (teatrale) come esposizione in scena.

È dunque importante cercare di rintracciare gli elementi presenti nella drammaturgia "Sei Personaggi in cerca di autore" di Luigi Pirandello che Sanguineti sfrutta ed utilizza per questo suo lavoro di esplicitazione di significato e rinnovamento (ricondurre a contemporaneità, rimettere in linea di navigazione, dare valore nel tempo attuale) di senso da attuarsi mediante il confronto nel qui e ora della rappresentazione.

Un primo elemento utile per una tale interpretazione può essere rintracciato nella lunga prefazione che Pirandello fa precedere al testo drammatico, e nella quale racconta in che modo i "sei personaggi" sono stati prodotti dalla sua creatività.

Si parla di una forma di apparizione fantasmatica, o meglio onirica poiché del sogno, nella descrizione che Pirandello ne fa, appare avere quella sorta di automatismo che, infine, sembra sottrarla alla volontà consapevole del creatore stesso.

Intorno a questi personaggi Pirandello si dilunga, un po' paradossalmente, in descrizioni, quasi esitasse a staccarsene, pur dichiarando di volersene liberare, o meglio di non potersene occupare, in una evidente difficoltà di elaborazione conscia, verso cui pare peraltro profondamente attratto.

Ne nasce una sorta di abbozzo, di canovaccio, qualcosa che, "possiamo definire come un incompiuta, oppure il manzoniano manoscritto, ovvero come i memoirs che Luigi Squarzina aveva cominciato, a Genova, a portare alla ribalta." [Maria Dolores Pesce, Edoardo Sanguineti e il teatro, cit. , p. 128]

È su questo primo elemento che si innesta il travestimento e l'attività del travestitore Sanguineti, che interviene a portare direttamente sulla scena i personaggi, impadronendosi del canovaccio per enfatizzarne, con una accurata destrutturazione, le implicite modalità, sia formali, attraverso la riconversione in termini drammatici del racconto, sia contenutistiche, attraverso l'esplicitazione, in forma di elaborazione consapevole di strutture e concezioni psicoanalitiche e freudiane che, pur non riconosciute, Pirandello ben doveva conoscere fino ad esserne, anche involontariamente, influenzato.

Tale attività impone conseguentemente anche un giudizio da parte del travestitore, nel senso di una attività che individua all'interno del canovaccio un soggetto nascosto ma insieme alluso. Per Sanguineti si tratta, l'abbiamo già evidenziato, dell'incesto "sognato, tentato o rimosso che sia" e proprio le modalità della creazione dei personaggi, situata da Pirandello stesso in un contesto onirico, accompagnato insieme da attrazione e ripulsa, vengono a costituirne una preziosa indicazione.

In proposito è, tra gli altri, Andrea Camilleri, nella Biografia del figlio cambiato [B.U.R.., 2001], ad accennare appunto ai transiti inconsci, o forse solo non elaborati/elaborabili, tra la vita privata di Luigi Pirandello, in particolare nei suoi rapporti con il padre, ed alcuni suoi lavori, o addirittura singoli personaggi. Tra questi appunto "I sei personaggi in cerca di autore".

A questo riguardo si impone un secondo elemento importante, anche se quasi sempre lasciato in sottotraccia nelle analisi del testo Pirandelliano. Mi riferisco alla figura del capocomico.

Scrive al riguardo Roberto Alonge, proprio per segnalare l'importanza di questa figura pur caratterizzata da un certa ambiguità, collegabile probabilmente alla ancora forte matrice crociana di  Pirandello :

 "Questa vicenda  dei Sei Personaggi va anche presa un po' alla lettera: ci sono dei personaggi che cercano un autore, e intanto investono il Capocomico di questa funzione altissima di drammaturgo, di autore. Non è da poco e non è da buttar via. In una fase in cui Pirandello non riesce ancora a liberarsi dei suoi fantasmi crociani, in cui non sa vedere la creatività dello spettacolo teatrale, il capocomico è insignito di un mandato di tutto rispetto; gli è delegata la funzione di scrittore, sia pure di scrittore di canovaccio." [Roberto Alonge, Luigi Pirandello, cit. , p. 53]

Va in proposito ricordato che quelli sono per Pirandello anni caratterizzati dall'esperienza della direzione Teatro d'Arte di Roma, attraverso la quale tentò di allargare il proprio ruolo di scrittore drammatico, in un certo senso fino ad allora ingabbiato proprio dai pregiudizi idealistico crociani intorno alla creazione artistica, fino alle assi del palcoscenico, sperimentando una minore distanza o meglio una proficua contaminazione tra scrittura drammatica e scrittura scenica, insieme ad una condivisione e scoperta delle capacità direi proprio semiotiche delle stesse funzioni tecniche che ruotano intorno e producono la messa in scena.

In effetti molti studiosi (vedi anche Tinterri e D'amico) ricordano che l'edizione del 1925, quella poi definitiva, dei "Sei personaggi in cerca di autore" accoglieva alcune significative variazioni (l'entrata dei personaggi dalla platea e non dal retroscena) stimolate in Pirandello da messe in scena della sua opera (quella di Pitoeff in particolare) ad indicare una più profonda attenzione per quell'aspetto e per le sue potenzialità creative e significanti.

In sostanza Pirandello, tornando all'oggetto della nostra disamina, immette i suoi personaggi all'interno di un contesto teatrale tradizionale, quello allora dominante, affidando, quasi delegando, a questo il compito di portare a compimento l'attività creativa da lui stesso iniziata e solo abbozzata. La responsabilità primaria di un tale compito è riposta sul Capocomico a cui il personaggio Padre, vero e proprio vertice all'interno del gruppo dei personaggi, di cui, come già notato. in un certo senso controlla e sintetizza le volontà, si rivolge ripetutamente.

Tale responsabilità è però disattesa ed il compito fallisce a causa proprio delle ambiguità ancora presenti, in particolare nel teatro italiano, nella figura e funzione capocomicale, ma anche se fallisce (il dramma dei 6 personaggi non sarà in effetti messo in scena dalla compagnia), il tentativo fatto lascia intravedere, in nuce, una possibile evoluzione non solo nel ruolo del capocomico (Pirandello Direttore del Teatro d'arte), ma in quello dello scrittore drammatico (Pirandello autore).

Questa evoluzione, credo, proprio Edoardo Sanguineti ha tentato o inteso portare a compimento attraverso il "Travestimento", poetica all'interno della quale il travestitore costituisce lo scrittore specificamente per la scena, in sostanza una sorta di dramaturg con caratteristiche particolari.

A questo proposito vale la pena di riportare per intero il brano di un intervista rilasciatami qualche anno fa dallo stesso Edoardo Sanguineti, che ad una mia domanda specifica rispondeva :

" Da un lato il "travestimento" è, come dire, un genere teatrale specifico. Si lavora su un materiale che, in qualche modo, preesiste, che può essere un testo già teatrale o un testo non teatrale, e viene elaborato in vista di una particolare messa in scena. Allora, in questo caso, il lavoro è molto vicino a quello che si potrebbe definire proprio del "drammaturgo", nel senso che la parola ha, per esempio, nel teatro fuori di Italia, soprattutto in Germania. Noi viviamo di un rapporto tra gli autori ed il regista che mette in scena, lavorando sugli attori. Poi c'è il pubblico cui lo spettacolo è destinato. In una cultura, poniamo come quella tedesca, la figura del "dramaturg" è una figura diversa dall'autore e diversa dal regista. E' colui che progetta le modalità della realizzazione scenica, e poi, lavorando sul canovaccio o sul copione dato dall'autore, sul testo letterario, diciamo così lo gira, dopo averlo in qualche modo elaborato e ripensato, al regista che lo realizza, poi, con gli attori. In fondo il lavoro di travestimento è un lavoro di drammaturgia, ecco, in questo senso. Ma credo che, al limite, chiunque scriva un testo teatrale, se lo pensa realmente per il teatro, è, non tanto un autore nel senso in cui letterariamente si usa questa categoria, quella per cui, appunto, sono cattedre separate, per dirla in termini accademici, quella della Letteratura Teatrale e quella di Teatro e Spettacolo. E' la sintesi tra le due insomma: è l'apprestamento di un materiale destinato alla scena." [in Maria Dolores Pesce, Edoardo Sanguineti e il teatro, cit. , p. 157].

In effetti Sanguineti in "Sei personaggi.com" elimina tutta la compagnia teatrale del testo pirandelliano, proprio in funzione di quella attività di esplicitazione e rinnovamento dei significati cui acennavo, e quindi anche il capocomico ma introduce, direttamente in scena, la figura dell'autore che chiama a sé i personaggi (quelli con una storia da drammatizzare essendo gli altri rimandati alla scenografia) quasi ad indicare che in quell'autore in scena potesse essersi finalmente compiuta quell'evoluzione tentata e fallita da Pirandello.

Tale intenzionalità ci pare poi ulteriormente rimarcata e completata dalle numerose sovrapposizioni di battute che il testo attua tra Autore e Padre fin quasi a confonderli, come ad indicare una tendenziale autonomia della messa in scena, e dei suoi fattori, che il testo scritto, incorporandola nel travestimento, enfatizza, nonché una compartecipazione nella elaborazione di valore e significato degli elementi della creazione teatrale, in essi intendendo comprendere anche i personaggi.

Perché "Un personaggio, signore, può sempre domandare a un uomo chi è. Perché un personaggio ha veramente una vita sua, segnata di caratteri suoi, per cui è sempre qualcuno. Mentre un uomo - non dico lei, adesso - un uomo così in genere, può non essere nessuno" [Luigi Pirandello, Sei Personaggi in cerca di autore, Orsa Maggiore, 1993, p. 108].

Tra l'altro questa riconosciuta autonomia, quasi esistenziale, dei personaggi costituisce un aspetto grandemente innovativo della drammaturgia pirandelliana ed insieme un ulteriore elemento di collegamento con il "teatro di Parola" sanguinettiano, laddove i personaggi sono intesi come le parole che, in un certo qual senso, "esistono (nella loro materialità contaminata da secoli di incrostazioni di senso), non sono mai nostre" [Maria Dolores Pesce, Edoardo Sanguineti e il teatro, cit. , p. 33].

Infine ho rilevato un terzo elemento, che ai precedenti appare funzionale nell'evidenziare le linee di collegamento tra i due testi in esame.

In sostanza Sanguineti nel travestimento del testo Pirandelliano, finalizzato ad esplicitare e riportare alla luce i significati che ritiene di intuirvi nascosti, rimettendoli dunque in gioco per rinnovarne il giudizio, attua una profonda ed anche arbitraria destrutturazione ed espunzione dello stesso, nel quale irrompe al suo primo livello di canovaccio, così smascherando immediatamente tutta la struttura di nascondimento.

Quindi, al fine di ricostruire una sintassi scenica, attua il travestimento ad un suo ulteriore livello operativo.

In proposito dice Sanguineti stesso : "In questo ultimo caso riferito a me, siamo a un livello molto avanzato di travestimento, perché di Pirandello, resta poco o nulla, apparentemente. Io ho voluto mantenere I sei personaggi, che era l'idea di partenza, per scrivere poi un testo nella libertà più totale." [Maria Dolores Pesce, Edoardo Sanguineti e il teatro,  cit. , p. 129]

Tale ulteriore livello operativo consiste nel rimontaggio, nello specifico molto parziale, e nella ampia integrazione con inserti di testi letterari o di qualunque altra natura, artistici o scientifici, con variazioni stilistiche e linguistiche che tendono a ricomporre, nella stessa presenza materiale in scena della voce, e della parola di cui è veicolo, un percorso insieme di creazione e di conoscenza, di apprendimento.

Attraverso un tale lavoro, con esiti, non solo linguistici, ma anche estetici affascinanti, sostenuti abilmente da quella che è stata definita "scenografia acustica" di Liberovici, il travestitore è in grado di mettere a disposizione del pubblico una massa di informazioni che suggeriscono un giudizio di valore sull'opera travestita, ma contestualmente ne richiedono uno al pubblico, consentendo e stimolando uesto aquesto ad elaborare a sua volta un giudizio ed una conoscenza.

Ciò rende l'opera travestita di nuovo disponibile, riattivando e ripristinando nel qui e ora della rappresentazione un circuito di conoscenza.

In questo operare, in un certo senso, Sanguineti esprime un atteggiamento propositivo e positivo, tipico del suo stesso modo di essere intellettuale, che non solo esplicita e riattiva intenzionalità nascoste nel testo Pirandelliano ma così facendo ne può ribaltare anche i presupposti pessimistici che, possiamo intuire, forse sono alla base stessa del fallimento del tentativo di inveramento, mediante la rappresentazione, dei propri fantasmi tentato con "I sei personaggi in cerca d'autore" e, mi piace pensarlo, realizzato, anche tramite noi pubblico, con il successivo travestimento "Sei personaggi.com."

 

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