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Criografie o del compimento ultimo della mimesi

Decennale della prima esposizione di questa nuova tecnica

Nanni Menetti

Aula Magna dell'Accademia di Belle Arti di Bologna

5 Novembre 2009 – 5 gennaio 2010

Enti Promotori: Accademia di Belle Arti di Bologna e Scuola di Specializzazione in Beni Storici Artistici dell'Università di Bologna in collaborazione con la galleria L'Ariete Artecontemporanea con il contributo finanziario di Emilbanca e della Conad.

Video: Accompagna la mostra un video di Franco Savignano.

Orario di visita:

La mostra è stata prolungata fino al 5 gennaio 2010.
Giorni in cui è ancora visitabile:

  1. dall' 11 al 23 dicembre, esclusi il lunedì, i giorni festivi e il sabato pomeriggio
  2. nei giorni 29 e 30 dicembre 2009 e 4 e 5 gennaio 2010
    Orario: 10-18 nei giorni  feriali e 10-12 al sabato

Ingresso libero

In Catalogo scritti di Giorgio Sandri, docente di Filosofia della scienza all'Università di Bologna e di Nanni Menetti.

Inaugurazione: Giovedì 5 Novembre ore 18.  Interventi di Renato Barilli, Mauro Mazzali, Rinaldo Novali e Nanni Menetti.

Ciclo di conversazioni sul tema della mostra:

12 Novembre: Arte e mimesi
              Giorgio Sandri,  Docente di Filosofia della scienza Università di Bologna

19 Novembre: A partire da Arcangeli: intorno al “due”....
                         Claudio Spadoni, Direttore del Museo d'arte della città di Ravenna

26 Novembre:  Mimesi e ready-made 
                         Nanni Menetti

3   Dicembre: Mimesi e costruzione nell'arte astratta
            Claudio Cerritelli,Docente di storia dell'arte contemporanea all'Accademia di Brera

10 Dicembre: tavola rotonda: la rappresentazione come malattia sociale

Tutte le conversazioni si terranno nell'Aula Magna dell'Accademia
ore 11
Via Belle Arti, 54 – Bologna

ingresso libero

Per informazioni: 329 8835195
e-mail: nanni@nannimenetti.it

Locandina della mostra

Ragioni della mostra

In rapporto alla società.
Non è raro leggere di giovani che esercitano violenze, stupri o altre cose simili, che violano insomma le buone regole del vivere sociale non perché i gesti che compiono soddisfino di per sé un loro bisogno diciamo primario, ma semplicemente per filmarli e porli, che so, su You Tube o altre vetrine del genere.
Si capisce che se tali gesti sono perversi in sé, lo divengomo ancora di più nel momento in cui la loro perversità si fa semplicemente un gratuito mezzo di spettacolo. La violenza in sé, per quanto deprecabile, ha ancora a che fare direttamente con la vita, con le cose, e  quindi può ancora avere una sua necessità, per quanto notturna e oscurissima e del tutto indesiderabile; necessità, questa, che la violenza esercitata solo al puro scopo di essere riprodotta in immagine pubblica perde del tutto.   Tutta roba di un io puramente psicologico che ha perso ogni rapporto concreto, qualunque esso sia, con la realtà. Dall'essere al non essere dell'apparire, si potrebbe forse dire con  Debord.
Ora l'azzeramento della riproduzione, della rappresentazione che questa mostra persegue, se scopertamente mira a realizzare un'aspirazione dell'arte nata con l'arte stessa, implicitamente si pone anche come una oggettiva critica a questa superfetazione maligna dell'immagine e di ogni suo uso tanto privato che sociale. Senza rinunciare alla creatività, essa la sgancia da quella secondarietà (e/o terziarietà)“platonica” dove tutto il cascame del gratuito individualista e psicologico può trovare il suo miglior brodo di cultura e di autoesaltazione e la riporta invece al livello primario della vita e delle sue, queste sì intrinsecamente necessarie giacché ineliminabili senza eliminare la vita stessa, strutture primarie e, si potrebbe dire con un sano Oriente, trascendentali.

In rapporto alla storia dell'arte.
Si pensi agli uccelli ingannati dalle uve di Zeusi o a Zeusi stesso ingannato dalla tenda di Parrasio, secondo la bella sfida di bravura mimetica di cui ci narra Plinio.
Da sempre la pittura mimetica ha tentato di agguantare la natura, perfezionando sempre più i suoi strumenti o, visto quanto accaduto in antico, recuperandoli nella loro perfezione a questo fine, ma non ci è mai riuscita: è sempre stato un inseguimento asintotico che ha lasciato uno spazio, anche se piccolo, tra l'oggetto e la sua rappresentazione. Con le crio-grafie (opere fatte direttamente dalla forza naturale del gelo) questo inseguimento millenario della natura da parte della pittura trova il suo compimento definitivo: dentro la pittura è la natura stessa a fare se stessa (grado zero della mimesi e quindi sua scomparsa!) Non si può andare oltre: o si torna indietro ripristinando la distanza tra natura e sua rappresentazione o si passa ad altra tecnica e non dico tanto alla fotografia e al cinema, che da questo punto di vista, restano, per gran parte, mimetici, ma al ready-made (nel ready-made l'oggetto non rappresenta se stesso ma è se stesso e quindi la mimesi raggiunge anche qui il suo azzeramento). 
La prima, una via solo di Nanni Menetti. La seconda una via anche di Nanni Menetti come di molto Novecento. 
Ma dentro la pittura è la prima la vera novità, perché le criografie pure, quelle s'intende in cui l'artista riesce finalmente a cancellare del tutto se stesso rinunciando ad ogni suo intervento chirografico, realizzano anche il sogno novecentesco della “presentazione” allo stato puro, là dove l'arte non mimetica in senso stretto (collage, pittura astratta, body art ecc.) aveva, checché se ne dica, fallito, giacché si è sì sganciata dalla mimesi ma non dal rinvio a un qualche significato che è come dire dal segno e il segno cancella sì la realtà, ma non quel doppio, quel “due”, se vogliamo dirla con Arcangeli, che era il proprio della mimesi. Data l'opera, prima delle criografie essa è sempre stata al centro di due spazi: il primo, quello tra l'opera e la realtà visibile o invisibile a cui rinvia; il  secondo, quello tra l'opera stessa e il suo interprete. Con le criografie il primo spazio viene chiuso definitivamente: le criografie non rinviano alla realtà, sono la realtà, come qualsiasi altro prodotto della natura. Resta solo il secondo spazio, ma questo è inevitabile, giacché coincide semplicemente con la nostra presenza nel mondo. Adamo insegni! Solo con la morte smetteremmo di nominarlo.

 

 

 

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