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SEMINARIO

ALLA RICERCA DELL'INVISIBILE

NELLE POETICHE DELLE AVANGUARDIE STORICHE

2002/2003

 

LA RICERCA DELL'INVISIBILE IN MARCEL DUCHAMP

di GuglielMina Frau.

         Il mio intervento è finalizzato a mostrare, attraverso le immagini di alcune opere, una traccia parziale della poetica di Marcel Duchamp.

         Il procedimento che utilizzo è analitico e di decodificazione dei caratteri che formano nell'insieme la poetica duchampiana.

Duchamp ha superato lo spazio retinico legato ancora alla cultura gutemberghiana, fruendo le sue opere è possibile sfiorare diversi livelli di conoscenza "oltre" la costante di normalità accettata.

Le proposte della sua poetica sfociano spesso (o quasi sempre) in spazi ancora non esplorati; si tenterà in questa indagine, di esplorarli, cercando di utilizzare le sue stesse parole e i concetti espressi nelle argomentazioni affrontate da Duchamp durante le numerose interviste.

         Che cos'è il tempo?

C'è differenza tra spazio e tempo? Sono queste alcune domande sulle quali M.D. riflette cercando di trovare un modo, attraverso la produzione artistica, per afferrare il tempo, darne una esplicita testimonianza.

       Nel 1919 in occasione del matrimonio della sorella Suzanne, M.D. elabora un regalo per gli sposi che consiste in alcune istruzioni per appendere un libro di geometria fuori dal balcone: lo scorrere del tempo, la forza degli elementi atmosferici, avrebbero trasformato il libro in qualcosa di diverso. Le pagine si sarebbero irrigidite, la scrittura scolorita, polvere, pioggia, vento, avrebbero contribuito a distruggere per sempre le frasi scritte sul libro di geometria; il tempo unito naturalmente ai fattori climatici avrebbe agito sull'oggetto, trasformandolo e trascinandolo verso altre dimensioni. La ricerca di D. sull'azione del tempo è sempre al centro dei suoi pensieri.

        Insieme a Man Ray, nel 1920 a New York, allestisce un: Allevamento di polvere.

       . Il 7 novembre 1919, il quotidiano londinese Times, annunciava l'emergere di un mondo nuovo, nel quale i vecchi valori di spazio e tempo assoluti erano perduti per sempre. Per chi proveniva dalle devastazioni della Grande Guerra, esso significava il sovvertimento di tutti i riferimenti assoluti, tanto nella morale, quanto nella filosofia, nella musica o nell'arte: in un recente compendio della storia del secolo XX, lo storico britannico Paul Johnson sostiene che l'era moderna non ha avuto inizio nel 1900, e nemmeno nell'agosto del 1914, ma piuttosto in occasione dell'avvenimento che diede origine a quel titolo del Times.[1]

Notizie più precise sulla quarta dimensione circolano in ambito francese già dopo il 1910.

 Tra il 1911 e il 1912, Gaston de Pawlowski, direttore del più importante quotidiano letterario e artistico intitolato Commedia, pubblica a puntate i capitoli di quello che sarebbe diventato un classico della fantascienza francese dell'inizio del secolo: Il viaggio al Paese della quarta dimensione. L'argomento è di dominio pubblico non solo in ambito scientifico. Duchamp, si interessa a questa nuova dimensione dove tempo e spazio sono unificati; poiché relativisticamente parlando, la curvatura dello spazio e quindi delle forme in esso immerse, sono influenzate vicendevolmente. Queste nuove teorie scientifiche costituiscono una vera rivoluzione per la società del Novecento. La teoria della relatività, dei quanti e della geometria non euclidea, allargano gli orizzonti della scienza e mettono in forte crisi le vecchie certezze. La nuove coordinate spazio temporali allargano le conoscenze della fisica, ma non solo, soprattutto si producono dei profondi cambiamenti tecnici e psicologici in tutta la società.

         Albert Einstein nella sua ricerca si rende conto che alla base della nozione di tempo-spazio, è unita anche quella di simultaneità. La svolta einsteiniana fondata sul principio di relatività, accoglie tutti i fenomeni fisici; indica un nuovo modo per osservare la realtà.

.L'ipotesi mcluhaniana di fondo vuole che a una tecnologia di base fornita dall'elettronica (dalle applicazioni dell'elettromagnetismo e dell'elettronica) faccia riscontro un'epistemologia (una metodologia generale) fondata sul prevalere delle totalità, delle strutture, delle qualità globali piuttosto che delle quantità, delle sommatorie(questo l'esito più importante delle equazioni del campo elettromagnetico elaborate da Maxwell e poi riprese dalla teoria della relatività di Einstein).Per altro verso, si impongono concezioni probabiliste, indeterministe messe a punto da Planck, Bohr, Heisemberg. Per effetto congiunto di queste svolte epistemologiche, le discipline del gruppo fisico-matematico si sono avvicinate come non mai a quelle del gruppo umanistico, .[2].

       Nell'intervista rilasciata da M.D. a P.Cabanne, l'artista affronta l'argomento dicendo:

.ciò che ci interessava a quel tempo era la quarta dimensione. Nella Scatola verde ci sono un mucchio di note sulla quarta dimensione.[.] Siccome credevo che si potesse dipingere l'ombra di una cosa a tre dimensioni, un oggetto qualsiasi - come la proiezione del sole sulla terra che crea due dimensioni - per semplice analogia intellettuale considerai che la quarta dimensione poteva proiettare un oggetto a tre dimensioni; in altre parole ogni oggetto a tre dimensioni che osserviamo freddamente è una proiezione di una cosa a quattro dimensioni che non conosciamo. Era quasi un sofisma ma, in fin dei conti, era anche una cosa possibile[3]

Le opere duchampiane che meglio esprimono questo concetto sono più di una, osserviamo tuttavia la più evidente, Porta 11, rue Larrey  del 1927; è questa una porta che non delimita una zona di confine (si apre mentre si chiude e si chiude mentre si apre). Duchamp è interessato al varco di comunicazione tra l'ambiente in cui  abitualmente ci muoviamo e quello che invece riusciamo soltanto a percepire. Questo è il mondo relativistico einsteniano, dove spazialità e temporalità sono legate-unificate e risentono di tutto ciò che accade. L'attenzione di M.D. è rivolta esclusivamente all'arte concettuale, intellettuale, soprattutto alle idee e non solo alle parti visive.

  Lo scopo è di condurre l'attenzione degli uomini verso la conoscenza, in una condizione di silenzio che sfiora la magia,uno spazio in cui D. cerca di trovare un luogo di nuove possibilità. Una problematica profonda di questa parte della poetica duchampiana, è il suo tentativo di mostrare i passaggi dimensionali tra i vari livelli di realtà. Un'altra opera che tenta di acchiappare l'invisibile è per esempio: Aria di Parigi, 1919.

             Nel 1915 D. inizia l'esecuzione del Grande Vetro, un'opera che è il punto centrale di tutta la poetica duchampiana, dove convergono idee e lavori significativi, sia precedenti al G.V. come per esempio Giovanotto e ragazza in primavera del 1911, sia altre opere successive come Étant donnés. Il GrandeVetro propone anche una nuova realtà dell'opera come organismo, corpo, che occupa uno spazio all'interno della realtà che lo accoglie. Nel 1926 a Brookliyn, il G.V. viene caricato in un camion per essere trasportato, durante il viaggio (circa 90 km ) le lastre di vetro subiscono una filatura. Nel vedere la sua opera danneggiata, l'artista, reagisce con molta serenità anzi dichiara di vedere in quelle incrinature del vetro rotto una nuova forma simmetrica, una nuova intenzione al di fuori delle sue decisioni, che accetta come un evento della realtà quotidiana dell'opera d'arte. Così come tutti i corpi presenti nel livello materiale dell'esistenza, che con il passare del tempo irrimediabilmente cambiano, mutano strutturalmente, acquistando o perdendo caratteristiche nella propria forma materiale.

Il progetto iniziale dell'opera prevede due spazi ben distinti, uno dedicato alla sposa e l'altro ai nove scapoli: tra i due mondi, D. lascia un terzo spazio di possibilità nella pura trasparenza del vetro, che potrebbe diventare il "campo d'incontro dei due mondi separati". Oggi non è più possibile vedere questo terzo spazio, poiché è stato annullato con l'aggiunta di un asse di sostegno del vetro, dopo l'incidente del trasporto. Ora, lo spazio della sposa è completamente chiuso, così anche lo spazio degli scapoli, non può esserci comunicazione tra i due e tutto il significato originario dell'opera è mutato. Il mondo rappresentato dal Grande Vetro è quello dell'apparizione cioè di una realtà al di là di ciò che appare, l'artista propone un percorso di iniziazione dello spettatore, che sfocia verso livelli di contemplazione in cui i fruitori stessi, diventano i protagonisti diretti (attraverso la loro partecipazione percettiva), a quanto avviene nell'opera stessa.

 Duchamp definisce il Grande Vetro come un mondo in giallo, sottintendendo una propagazione della luce negli strati della materia, il G.V. diventa quindi una rappresentazione simbolica della luce quasi un cosmogramma. M.D. trova una soluzione coerente e idonea alla sua poetica, una poetica che ha sempre richiesto allo spettatore una partecipazione, uno sforzo mentale, un avvicinamento fra l'arte e la realtà vissuta. Sono queste le condizioni per arrivare all'opera d'arte totale,ossia l'opera senza limiti, tra la vita e l'arte (punto Zen).

I READYMADES

       Come nasce un ready-made duchampiano? D. ha più volte ribadito quanto la nascita dei suoi ready-mades è sempre sottoposta a regole ben precise. Uno dei fattori principali è rappresentato dal caso, seguono poi l'ordine e l'indifferenza. M.D. si prepara mentalmente attraverso alcune diverse fasi di preparazione spirituale. Duchamp vuole progettare i suoi ready-mades in un momento del futuro (tal giorno, tal data, tal minuto) una specie d'appuntamento. Inoltre il r.m. deve ora, recare un'iscrizione che invece di descrivere l'oggetto, così come avviene nel caso di un titolo, deve portare la mente dello spettatore verso altre regioni più verbali, assegnarli una nuova etichetta e una firma, dirottare l'oggetto dalla sua destinazione e riclassificarlo.

       L'oggetto originale è momentaneamente sospeso da qualsiasi valore simbolico. L'artista ora procede all'attivazione di diverse fasi che si sviluppano progressivamente,almeno in quattro momenti:       

1) Traslazione dell'oggetto, ottenuta dopo una forte concentrazione mentale dell'artista.

2) Sospensione momentanea del giudizio di gusto,indifferenza, necessaria per la sospensione o spaesamento dell'oggetto, che viene trasferito in una nuova dimensione (o realtà).

3) Posiziona il manufatto, mutando la sua posizione abituale (ma non sempre), affida un nuovo nome all'oggetto ( ma non sempre), trova un  luogo dove far conoscere la propria opera(galleria o altro),presentandola al mondo dell'arte istituzionalizzato e assumendone pienamente la paternità.

               -    4) Legittima l'identità artistica dell'opera.

 La valenza simbolica dell'oggetto coincide con il livello di appartenenza ad una certa quota (livello) di realtà; ossia l'oggetto presentato da Duchamp non muta la sua origine o forma materiale, ma diventando opera infilza la realtà in quel preciso istante nel suo divenire - essere (né prima né dopo).

 Il prolungamento simbolico dell'oggetto materiale che si offre all'esperienza estetica,porta con sé tutte le caratteristiche del mondo meccanizzato. I Ready-mades interessano non tanto da un punto di vista plastico quanto invece da un punto di vista critico e filosofico.Si tratta di attivare un gesto contrapposto all'opera d'arte tradizionalmente intesa, il ready-made è un attacco contro il concetto stesso di opera d'arte. Davanti ai primi ready-mades la reazione dei fruitori è di stupore. Da parte di M.D. c'è la volontà di sottrarsi all'arte tradizionale e con essa a tutto ciò che comporta, particolarmente alla speculazione dei mercanti d'arte. Duchamp ha dimostrato ribellione nei confronti di un mondo dell'arte strutturato in ruoli e codici fissi, egli cerca di volta in volta una nuova apertura verso altre direzioni.

       Ma come si sviluppa, da un punto di vista estetico, il concetto di oggetto duchampiano?

       Le valutazioni estetiche che si formano dentro le nostre idee, attraverso la percezione dei nostri cinque sensi, ci mettono fenomenologicamente in grado di fruire l'oggetto materiale sotto due precisi momenti, il primo è l'oggetto in sé, il secondo l'analogia e il simbolo di una cosa. L'atto di prelievo di un nuovo ready-made da parte di M.D. è un momento di superamento dello stato abituale di normalità, è un introdursi in una "qualche dimensione di ricerca subconscia". Quando si parla di bellezza dell'indifferenza, si vuol mettere in risalto proprio quest'aspetto così sottile ed aereo che distingue il momento del prelievo (funzione costruttrice dell'opera), da qualsiasi altro attimo della vita dell'artista. Duchamp infatti si organizza come se dovesse celebrare un rito, il giorno, l'ora, il luogo in cui avrebbe prelevato dalla realtà quotidiana un nuovo oggetto da proporre come opera d'arte. Ciò significa che oltre il gesto materiale di prelevamento dell'oggetto dal mondo della quotidianità, l'artista si mette anche in una specifica situazione psicologica, ossia il prelevamento avviene in un momento di concentrazione mentale tale da provocare nel medesimo un momento di indifferenza psicologica che è oltre lo stato di normalità.

        L'oggetto prelevato e presentato come opera d'arte, non è più uno scolabottiglie ma é diventato lo "Scolabottiglie" di Marcel Duchamp: - 1) oggetto storico - opera d'arte, isolato dal mondo reale dei manufatti - 2) in comunicazione con il mondo più interno del subconscio e idee dell'artista - 3) in rapporto diretto con il mondo dell'arte istituzionalizzato. L'indagine in questo senso si dirige oltre qualsiasi superficialità, mette l'attenzione del fruitore non sull'oggetto in se, ma nel varco di comunicazione che l'opera apre .

         Duchamp proclama il valore supremo dell'indifferenza e conferisce al gesto del prelievo un senso unico di istantaneismo. Un cogliere l'attimo che intende abolire la spaccatura tra la vita e l'arte, per arrivare sempre più vicino all'opera d'arte totale. In questa stessa linea rientra anche l'attività rivoluzionaria della cultura Dada (1916-'21), con le sue  proposte di una nuova filosofia  di vita.  Dada e Surrealismo sono stati gli unici movimenti a proporre, oltre la rivoluzione visiva, anche una rivoluzione culturale. Duchamp li ha attraversati entrambe, ma tenendosi tuttavia indifferentemente staccato per poter spaziare oltre.

       Prendendo un oggetto comune dell'ambiente abituale e sistemandolo in un luogo, tale che il suo significato muti, M.D. ha favorito una produzione di nuovi concetti, una nuova produzione mentale che entra di diritto nel campo di ricerca della polisemia . Dalle parole ai fatti; ecco di seguito un breve excursus tra alcuni dei circa trentacinque  ready- mades. Osserviamo:

READY - MADES RETTIFICATI: l'artista compie una correzione mantenendo intatta la base sulla quale si interviene:

RUOTA DI BICICLETTA, 1913           

SCOLABOTTIGLIE,          1914

FONTANA (Sig. Mutt),      1917

L.H.O.O.Q.,                         1919

 L'umorismo di M.D. spesso è iconoclasta.  Uno degli esempi più noti è l'imposizione dei baffi alla Gioconda leonardesca, un gesto spesso giudicato oltre che burlesco, anche irriverente nei confronti di un' opera famosissima.

 Oltre queste prime impressioni, il gesto di D. (con o senza la consapevolezza dell'artista) ha allargato un nuovo spazio nella storia dell'arte contemporanea - postmoderna, ottenendo una visione totalmente differente che produce nuova cultura e nuovi concetti estetici,

.L'artista, divenuto operatore «mentale», si cimenta nell'impresa di rivendicare al valore estetico ogni oggetto e circostanza preesistente a lui: basta volerlo, dichiararlo, apprestare una opportuna «intenzione». Né è detto che queste «intenzioni» si debbano rivolgere ai soli e solidi oggetti materiali; si potrà trattare ugualmente bene di frasi e dichiarazioni verbali, di fenomeni aerei, posti nel regno dei fluidi, o infine di ragionamenti mentali. L'intero universo può essere riconsiderato «sotto specie»di valore estetico, pur di far scattare gli indici opportuni (come premere un tasto e ottenere che tutti i caratteri si stampino in maiuscolo)[4].

SEMI READY - MADES: sono sicuramente tra i r.m. più particolari. Si tratta di una sorta di assemblage, più o meno modificati. Due opere destano degli interrogativi per il loro " non senso", si tratta di:

- CON RUMORE SEGRETO,         1916

PERCHÈ NON STARNUTIRE, 1921

         Nel primo M.D con la complicità di Walter Arensberg, unisce due piastre di ottone con quattro viti; all'interno un gomitolo di spago contenente un oggetto misterioso,scelto dall'amico Arensberg (unico a conoscere la natura dell'oggetto nascosto). Il rumore prodotto dall'oggetto sarà l'unica traccia per il fruitore, che tenterà di riconoscerlo. L'opera apre verso differenti modi di fruizione: visione, movimento, rumore.

        La seconda opera citata è una piccola gabbietta per uccelli con dei cubetti di marmo bianco, sistemati al suo interno più un osso di seppia incastrato nella griglia di ferro. La visione del semi r.m. condurrebbe a supporre una certa delicatezza (i cubi sembrano zollette di zucchero), ma il suo peso è contrapposto a questa prima impressione.

         Si possono fare cose che non siano opere d'arte?

         Nel 1916, D. si propone di eleggere il grattacielo della Woolworth Building a New York, come ready- made . Poiché non trova mai una frase appropriata per nominarlo, decide di tenerlo come ready- made latente.

        E' possibile accumulare delle cose simili (manufatti), tutte acquistata New York nella 10° strada, per arrivare ad una "massa critica" tale che l'ultima aggiunta determina il passaggio dalla quantità alla qualità?

Se è vero che tutti i tubetti di colore usati dagli artisti sono manufatti (prodotti pronti all'uso) possiamo concludere che tutti i quadri al mondo sono dei ready- mades aiutati.

            Se l'opera d'arte e l'opera di " non arte " sono essenzialmente la stessa cosa, e se l'oggetto comune può essere elevato al rango di un'opera d'arte grazie alla scelta dell'artista, può essere vero anche il contrario? L'operazione consisterebbe nel prendere una qualsiasi opera, per es. un Rembrandt, e trasformarlo in qualcosa di comune, soggetto all'uso quotidiano nella vasta schiera di utensili come per esempio un asse da stiro.

ARTE CINEMATOGRAFICA: DUE FILM SPERIMENTALI.

           L'arte cinematografica mette i fruitori in condizione di fruire l'opera ma anche di diventarne protagonisti (con la percezione e sensibilità) tanto da riconfermare il concetto duchampiano: ".sono gli spettatori che fanno un 'opera d'arte.". Nella storia dell'arte cinematografica si è cercato di analizzare i conflitti interni provocati nel fruitore dalle immagini che scorrono, coinvolgendo la percezione ma non solo. Il cinema scompone le immagini frammentando la vita rappresentata in fotogrammi in rapido passaggio: oggetti, persone, luoghi, si offrono all'esperienza visiva dello spettatore che compie a sua volta una rapida ricomposizione di forme che è il film stesso.

Già i dadaisti e i surrealisti avevano concepito un' arte fondata sul frammento, lo choc, la sorpresa: il cinema porta a compimento le loro intenzioni .Se le inquadrature colpiscono lo spettatore con la stessa rapidità di uno choc, ciò ha conseguenze rilevanti sulla sua struttura psichica[5].

 Nel cinema la realtà è assente e la percezione del fruitore è l'unica forma di realtà di quel preciso istante di visione delle immagini cinematografiche riprodotte.

          Duchamp nel 1925-26, insieme a Man Ray e a Marc Allégret, realizza un breve film intitolato "Anémic Cinéma ". Si tratta di un classico film sperimentale, muto, 35 mm, 7 minuti, bianco e nero, prod. Rrose Sélavy. Il piccolo film comprende la ripresa di 19 dischi che si alternano in un movimento continuo, 10 dischi ottici con spirale + 9 frasi scritte a spirale (dei giochi di parole tali che la fine della frase è anche l'inizio), dedicate a Rrose Sélavy. Le immagini sono chiaramente ancora strettamente meccaniche e suddivise in piccoli momenti; si è ancora molto lontani dai film in cui l'apparenza rappresentata riduce a zero o annulla del tutto la differenza tra vita vera e opera prodotta. L'arte cinematografica è ancora in una fase iniziale che tuttavia prelude a spazi da scoprire e raggiungere. Nel primo breve film girato da M.D., ci sono le tecniche tipiche del cinema muto.Le immagini esprimono solo il presente di quel preciso istante (né passato né futuro) l'immagine è ciò che accade dinanzi ai nostri occhi. Tutto ciò è possibile con gli effetti ottici che si collocano, in relazione ai mezzi tecnici, fuori da qualsiasi spazio e tempo. Sono la traduzione delle idee dell'artista, le immagini ottiche sono il significato in rapporto diretto con le sequenze che vengono presentate al pubblico, che può fruire in pieno della forma in tutta la sua essenza.

       Nel 1924, Marcel Duchamp insieme a Man Ray, diventano attori principali in un brevissimo film, intitolato Entra'cte, che comprende sequenze dei due amici, seduti sul tetto del Théatre des Champs - Elysées. " Mentre si svolge la partita vengono ripresi un mezzo primo piano della testa di Duchamp con il comignolo sulla sinistra e una veduta aerea di Parigi sullo sfondo. A seguire viene ripresa una serie di primi piani di Duchamp sbigottito, ansimante per lo stupore, i capelli ritti in avanti per il vento. Si susseguono varie sequenze della scacchiera e delle mani di Duchamp e Man Ray, fino all'improvviso e potente spruzzo d'acqua di una canna che spazza via scacchi e scacchisti"[6]. Le riprese sono fatte con un movimento della macchina lento,le inquadrature afferrano frammenti di realtà; la macchina da presa fissa i volti degli uomini ma anche il gusto dell'epoca (il modo in cui sono vestiti, pettinati) . Il film permette agli spettatori di diventare testimoni oculari di una epoca che ormai non esiste più.

       Il film prosegue con delle immagini metaforiche che lasciano allo spettatore il compito di comporre la storia, unico elemento indicato dal regista è la volontà di trasmettere diverse fasi di realtà quotidiana, in cui la velocità, più o meno, determina e muta il significato dell'azione. Osserviamo come la pacata scena del funerale, si sviluppa in un crescendo di accelerazione che trasforma (attraverso il movimento) tutta la situazione, nel suo perfetto contrario, cioè diventando un paradosso di comicità. Infine, il tema dell'invisibile è documentato nell'ultima scena dove una bacchetta che simbolizza lo scorrere del tempo, come per magia, elimina la materialità dei corpi rendendoli invisibili.

[1] M. Will Clifford, Einstein aveva ragione?, Bollati Boringhieri, Torino 1989, p. 56

[2] R. Barilli, Scienza della cultura e fenomenologia degli stili, Il Mulino, Bologna 1992, pp.41-42.

[3] P. Cabanne, Ingegnere del tempo perduto, Multipla edizioni 1979, pp. 54-55.

[4] R. Barilli, op. cit. p. 134.

[5] M. Pezzella, Estetica del cinema, Il Mulino.

[6] M. Pezzella, Estetica del cinema, Il Mulino.

 

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